I Cinquecento Leoni di Toscana


Post#02
Le Varietà nei francobolli Toscani del Granducato




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Composizione del francobollo del Granducato di Toscana
Varietà di cliché che furono Difetti Costanti, ovvero “DC”
Come un neo di bellezza
Varietà come francobolli “unici”
Studi pubblicati sul tema delle Varietà dei francobolli granducali
Cesco Giannetto
Emilio Calcagno e Vittorio Morani
Luigi Guido
Nei prossimi post

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Composizione del francobollo del Granducato di Toscana

I francobolli granducali possono essere scomposti graficamente in due unità distinte, la vignetta ed il tassello del valore. Questa suddivisione rispecchia quello che di fatto era la composizione tipografica. Per le due unità venivano infatti utilizzati due stereotipi mobili indipendenti, uno per la vignetta ed uno per il valore. Per la stampa dei nove possibili valori, tra quattrini, soldi e crazie, veniva utilizzato sempre lo stesso stereotipo per la vignetta, la cui impronta è rappresentata nella Figura 10, a cui veniva aggiunto lo specifico stereotipo del valore da stampare, tra quelli mostrati in Figura 15.

Figura 10 − Impronta dello stereotipo principale e costante

Lo stereotipo principale, quello costante e portante la vignetta, può essere graficamente scomposto in nove elementi grafici distinti:

- sette sezioni di contorno costituite da forme quadrangolari (quadrati o rettangoli), poste al perimetro del rettangolo in cui è contenuto il francobollo:

o i quattro ornati posti ai quattro angoli del rettangolo in cui si inscrive il francobollo, costituiti da un quadrato con all’interno una figura ornamentale a forma di X, che sono nominati usualmente “Ornato 1”, “Ornato 2”, “Ornato 3” e “Ornato 4”, dove la numerazione inizia dal vertice in basso a sinistra con il numero 1 ed in senso orario termina in basso a destra con il numero 4. Ne segue che in alto a sinistra sta l’”Ornato 2” e in alto a destra sta l’”Ornato 3”. Negli ornati lo sfondo è stampato (positivo) mentre la forma ad X contenuta non è stampata (negativo). I quattro Ornati sono tutti uguali (Figura 2).

Figura 11 − Impronta degli Elementi 1, 3, 5 e 7, ovvero degli Ornati 1, 2, 3 e 4

o le tre diciture, costituite da tre serie distinte di caratteri racchiuse in rettangoli dove lo sfondo è in positivo (stampato), mentre i caratteri sono in negativo (non stampati) (Figura 3):

 la prima (Dicitura 1) tra gli ornati 1 e 2 verticale con andamento dal basso verso l’alto costituita da undici caratteri a formare la parola FRANCOBOLLO, che risulta di fatto ruotata di 90° in senso antiorario

 la seconda (Dicitura 2) tra gli ornati 2 e 3 orizzontale con andamento da sinistra a destra costituita da sette caratteri a formare la parola POSTALE

 la terza (Dicitura 3) tra gli ornati 3 e 4 verticale con andamento dall’alto verso il basso costituita da sette caratteri a formare la parola TOSCANO, di fatto ruotata di 90° in senso orario

Figura 12 − Impronta degli Elementi 2, 4 e 6, ovvero delle Diciture 1, 2 e 3

- una sezione centrale in cui è disegnato il soggetto del francobollo, ovvero il leone coronato seduto su di un piedistallo, di profilo, rivolto verso sinistra, con le zampe posteriori poggiate a terra, la zampa anteriore sinistra poggiata a terra ma eretta e la zampa anteriore destra alzata e poggiata sullo scudo gigliato, posto di fronte al leone e rivolto verso l’osservatore. La coda del leone è visibile, poggiata a terra per tutta la sua lunghezza, ritorna in avanti, passa sopra le dita della zampa posteriore sinistra, si intravede passare dietro la zampa anteriore sinistra e dietro lo scudo e termina con il ciuffo di peli tipico della coda del leone, che spunta a sinistra della parte inferiore dello scudo. Da notare che la lunghezza della coda del leone risulta del tutto inverosimile, ovvero troppo lunga rispetto al corpo dell’animale, lunghezza che non corrisponde affatto a quella di un vero leone. Per dare un’idea, per una lunghezza verosimile, la coda sarebbe dovuta terminare in corrispondenza della zampa anteriore sinistra dell’animale. L’immagine è in negativo mentre lo sfondo è in positivo. La vignetta può essere ulteriormente scomposta in almeno quattro elementi distinti (Figura 4):

o il leone, di cui sono individuabili il muso con la narice (positivo), lo zigomo (positivo), e l’occhio (negativo) sinistri, la parte sinistra della bocca (positivo), l’orecchio sinistro, la parte sinistra della criniera, interamente le zampe posteriore ed anteriore sinistre e le dita della zampa anteriore destra e la coda. Il busto del leone è rappresentato graficamente da serie parallele di puntini (in positivo) che vanno dal termine della criniera fino all’inizio della coda. La prima serie, quella più vicina alla criniera è costituita da sette punti

o il piedistallo, costituito da due elementi ritratti in negativo, sviluppati nel senso della larghezza. Graficamente nel piedistallo si individuano due linee orizzontali in positivo, quella bassa che rappresenta anche il margine esterno del rettangolo in cui è disegnato il soggetto e quella alta

o Lo scudo, dalla forma di una pera rovesciata, ovvero con il picciolo rivolto verso il basso, costituito da una cornice esterna (negativo) formata da otto segmenti, dei quali solo cinque sono interamente o parzialmente visibili ed una cornice interna (sempre in negativo) distanziata di circa un millimetro da quella esterna per tutta la sua estensione, ma costituita da una linea curva senza spigoli a differenza di quella esterna. Tra le due cornici sono inseriti dei puntini (in negativo), verosimilmente a rappresentare i chiodi che tengono assieme la cornice metallica dello scudo. In totale sono visibili 38 puntini. All’interno dello scudo è presente un giglio, fiore simbolo di Firenze, stilizzato (in negativo) La forma risultante dello scudo, di fatto un ottagono anche se non regolare, è interessante, per il significato simbolico che questa forma geometrica rappresentava

o La corona, costituita da una base all’interno della quale sono inserite tre perline (in negativo), una parte centrale costituita da sette navate (in positivo) sviluppate in senso verticale, quattro maggiori e tre minori e una croce su piccolo piedistallo che sormonta l’oggetto. Ai lati della base della croce iniziano due serie di perline (in negativo) che scorrono lungo la parte superiore del corpo centrale della corona. Si possono contare in totale quindici di queste perline, sette a sinistra e otto a destra.

Figura 13 − Impronta dell’Elemento 8, ovvero della vignetta

- una cornice esterna costituita da una linea (in positivo), formata da cinque segmenti, due verticali ai lati e tre orizzontali, uno in alto e due in basso, che racchiude gli otto elementi descritti precedentemente. La cornice risulta aperta in basso per lasciar spazio al tassello del valore (Figura 5).

Figura 14 − Impronta dell’Elemento 9, ovvero la cornice esterna del cliché della vignetta

Lo stereotipo del tassello del valore è molto più semplice di quello precedente appena descritto ed è costituito da un elemento rettangolare sviluppato orizzontalmente, portante i caratteri alfanumerici (in negativo su sfondo positivo) che indicano la valuta, soldi, crazie o quattrini e la loro quantità. La dicitura è composta da sinistra verso destra, da uno o due caratteri numerici (1, 2, 4, 6, 9 o 60), seguiti da un punto posto a metà altezza e da una serie di cinque o sei caratteri alfabetici maiuscoli indicanti la valuta (QUATTR. SOLDO, SOLDI, CRAZIA o CRAZIE). Nel caso del Quattrino, la dicitura è composta dai primi sei caratteri alfabetici della valuta ed un punto a metà altezza. All’elemento rettangolare appena descritto si aggiunge una linea orizzontale in basso (Segmento 0) che corre lungo tutta la sua lunghezza e che, una volta che lo stereotipo del valore viene aggiunto a quello principale, va a completare la cornice esterna in basso (Figura 6).

Figura 15 − Esempi delle diverse possibili impronte del tassello del valore dei francobolli granducali


Varietà di cliché che furono Difetti Costanti, ovvero “DC”

L’esistenza delle varietà nei francobolli emessi dal Granducato di Toscana è stato uno dei motivi principali che hanno acceso la mia passione per questi oggetti. Il fenomeno delle varietà, minuscole ma ben individuabili caratteristiche uniche di molti dei cliché utilizzati per la stampa di questi francobolli, che si ripetono nei diversi valori, risponde perfettamente alla mia esigenza naturale di ricercare, osservare, trovare ed infine catalogare e collezionare individualità, particolarità, minuziosità degli oggetti, la mia naturale tendenza a cercare e la soddisfazione che provo nel trovare schemi che si ripetono. Per nascita sono sempre stato interessato ai dettagli di ciò che mi circonda, situazioni, esseri umani, loro caratteristiche e comportamenti, oggetti ed eventi.

Queste piccole o grandi deformazioni dei cliché hanno preso nel tempo vari nomi. Difetti Costanti, come definiti inizialmente da chi per primo ha notato queste alterazioni ricorrenti, Cesco Giannetto, Varietà di cliché come definite da Vittorio Morani ed Emilio Calcagno e ancora Varietà del Difetto Costante da Luigi Guido che riprende il nome originariamente assegnato.

Mi sono chiesto varie volte quale fosse la nomenclatura più appropriata da utilizzare per questo fenomeno. Si tratta effettivamente di Difetti dei cliché. Immagino che l’intento di chi li produsse a suo tempo fosse di realizzarli tutti uguali senza la minima variazione tra gli esemplari, quindi effettivamente si tratta di ‘difetti di produzione’. Oggi però questa imprecisione nella fabbricazione dei cliché è di fatto un pregio, una caratteristica distintiva dei francobolli del Granducato di Toscana e quindi il nome ‘difetto’ non si addice secondo me al fenomeno, essendo esso un nome con connotazione negativa. Ritengo più appropriato il termine varietà, intendendo che si tratti di piccole o grandi ‘variazioni’ dal Marzocco originariamente concepito e creato dall’incisore. Si tratta di ‘variazioni sul tema’. D’altro canto, sarebbe anche bello rendere omaggio a chi per primo ha fatto notare al pubblico la presenza di queste variazioni e quindi non dimenticare del tutto la nomenclatura data originariamente di ‘difetti costanti’.

Devo dire che alla fine sono portato a definire questo fenomeno differentemente in base al contesto in cui mi trovo e alle persone con cui sto interagendo, in pratica per rendere la discussione quanto più chiara ed immediata possibile, con il solo intento di far capire velocemente a cosa mi riferisco. Userò quindi i nomi ‘DC’, ‘Difetti Costanti’, ‘Varietà di cliché’ o semplicemente ‘Varietà’. Tra tutti questi, quello che comunque preferisco è decisamente ‘Varietà’ e questa è la parola che userò in questo blog.


Come un neo di bellezza

Il concetto di “neo di bellezza” credo sia più o meno noto a tutti. Famoso è il caso dei reali francesi che nell’atto di acconciarsi in modo da rendere la propria figura più bella, luminosa ed attraente, oltre ad indossare una parrucca, abiti sontuosi e sgargianti, a cospargersi la pelle del viso di fondotinta bianco e ad accentuare i tratti del volto con tinte forti, usavano dipingersi un neo nero in parti strategiche del volto. Un neo di bellezza appunto. Non mancano poi esempi nella cronaca mondana odierna o del recente passato di donne sul cui volto la presenza di un neo abbia caratterizzato fortemente la loro immagine ed esaltato la bellezza e la sensualità.

Il neo di bellezza come catalizzatore dell’attenzione di chi ammira un volto, vicino alla bocca per dirigere l’attenzione verso le labbra, zona sensuale per eccellenza di una donna, ad esempio o sul petto a portare lo sguardo in una zona ancora più seducente.

A prescindere da quali siano le motivazioni psicologiche per cui un neo discreto ma ben visibile e strategicamente posizionato doni fascino ad un volto o ad un decolté, la sua presenza può cambiare radicalmente l’appeal dell’oggetto su cui è posato.

In modo analogo vedono i miei occhi le varietà sui francobolli del Granducato di Toscana che in molti casi riescono a caratterizzare in modo inequivocabile quel particolare cliché che ne sta all’origine e rendendo la sua impronta, ovvero il francobollo, unico e particolare. Di un fascino particolare.

Come avremo modo di mostrare, ci sono varietà nei francobolli granducali che riescono ad aggiungere un tocco unico al francobollo, essendo presenti in zone defilate della figura, appena percettibili, ma sempre lì, quasi ad ammiccare a chi riesce a vederle e a rivelare l’unicità del pezzo, una sua intimità nascosta ai più (si veda la G16), oppure in bella mostra al centro della vignetta, eleganti nella forma, come il famosissimo “ovetto”.

Nei casi sopra descritti, la definizione di “difetto” non rende l’idea romantica che ho di alcune varietà. È altresì vero che certe di queste risultino effettivamente talmente evidenti e poco eleganti da rompere di fatto l’immagine del francobollo granducale, al punto che io chiamo gli esemplari che portano queste varietà “naturalmente difettosi”. Si tratta di varietà che si rivelano come una macroscopica ammaccatura grezza e pacchiana del cliché alla sua origine (si veda la E9 ad esempio), tanto da far pensare ad un francobollo “venuto male”, anche se l’esemplare che la porta è in tutto e per tutto di prima scelta o superiore quanto a qualità.


Varietà come francobolli “unici”

Dal mio punto di vista, un francobollo granducale che porta una varietà codificata è diverso da un francobollo granducale dello stesso valore facciale, stampato su carta con stessa filigrana, di tinta identica, ma che porta una varietà diversa. Si tratta di due francobolli diversi in pratica, allo stesso modo in cui sono diversi due francobolli dello stesso valore facciale e della stessa emissione, ma con tinte diverse.

È ovvio che il “mondo del collezionismo di Toscana” non è ancora pronto ad un concetto di questo tipo, ovvero a considerare la varietà una discriminante così importante da rendere due francobolli diversi, ma è anche ovvio che al momento giusto il concetto sarà acquisito e considerato “normale” da chi si occupa seriamente di Toscana.

Ad oggi nei cataloghi di vendita, ad esempio delle aste, nelle descrizioni dei pezzi solo in rari casi viene riportata la presenza di una varietà e praticamente mai viene indicato il suo codice.

Detto quanto sopra, diviene chiaro anche quanta variabilità esista nella filatelia di Toscana, quanti francobolli diversi esistano e siano teoricamente collezionabili. Non si tratta quindi più di collezionare un esemplare per ogni valore facciale, per ognuno di essi su filigrana diversa (corone o linee ondulate), tinte diverse, ma ora anche varietà diverse. Si comprende che il numero di francobolli per una collezione completa diviene in quest’ottica estremamente alto e probabilmente impossibile da realizzare nell’arco di una vita.


Studi pubblicati sul tema delle Varietà dei francobolli granducali

Fino ad oggi si possono individuare macroscopicamente tre fasi della conoscenza in fatto di pubblicazioni riguardo al tema delle Varietà dei francobolli granducali, che vorrei nominare con il nome degli autori dei lavori stessi, come segue:

Cesco Giannetto (CG)

Calcagno-Morani (CM)

Luigi Guido (LG)

Figura 16 − Le copertine delle due pubblicazioni più recenti in materia di varietà dei francobolli granducali, quella di Emilio Calcagno e Vittorio Morani, a destra e quella di Luigi Guido, a sinistra


Cesco Giannetto

Cesco Giannetto fu il primo a mettere nero su bianco in un articolo del 1960, l'osservazione che i francobolli granducali di Toscana presentavano in alcuni casi delle caratteristiche peculiari riscontrabili tali e quali in emissioni di valori diversi, ovvero dettagli della vignetta, degli ornati o delle diciture 'FRANCOBOLLO', 'POSTALE' e 'TOSCANO' inusuali, diversi rispetto al disegno più comunemente riscontrabile, che ricorrevano nei vari francobolli. Cesco Giannetto chiamò questo fenomeno 'Difetti Costanti' perché si trattava di difetti dello stereotipo e costanti perché si ripetevano identici in valori diversi. Cesco Giannetto individuò quindici Difetti Costanti che si ripetevano e li identificò con le lettere dell'alfabeto dalla A alla Q.


Emilio Calcagno e Vittorio Morani

Nel 2014 Emilio Calcagno e Vittorio Morani pubblicano con la Edizioni Unificato un manuale dal titolo *Granducato di Toscana – I francobolli e le varietà di cliché” (Figura 7 a destra), che mostra un primo studio approfondito del fenomeno delle varietà nei francobolli granducali. Il testo è costituito essenzialmente da una prima parte introduttiva, molto ampia sulla monetazione dell’epoca, sulle tecniche di stampa e altre considerazioni storiche inerenti la filatelia e la storia postale e da una seconda, vero cuore e fulcro di interesse del volume, dove, attraverso immagini prevalentemente tratte da una prova di stampa del francobollo da due crazie, vengono mostrate e discusse 230 varietà. Per ogni varietà viene indicato il valore della prima emissione (stampa su carta filigranata con corone) e della seconda emissione (carta filigranata con linee ondulate verticali) sul quale è stata certamente riscontrata, il numero della posizione sulla tavola di stampa dei 240 esemplari della prova di stampa del due crazie, il cosiddetto ‘plattaggio’ e il punteggio da 1 a 6 per il calcolo del plusvalore rispetto al catalogo di un francobollo che presenta quella specifica varietà. Quest’ultimo aspetto, introdotto forse per dare un’idea della rarità con il quale si riscontra una certa varietà o per il fascino che questa conferisce al pezzo e quindi facendo anche leva sul concetto che quanto più raro qualcosa è, tanto più vale, risulta nei fatti praticamente inapplicato nella valutazione corrente dei francobolli. Cosa molto più interessante, CM assegnano una codifica ad ognuna delle 230 varietà riscontrate sulla base di una logica che non verrà discussa in modo approfondito nel contesto di questo post.


Luigi Guido

Nel maggio del 2019 vede la luce pubblica nella sua interezza il terzo lavoro sul tema delle varietà dei francobolli di Toscana, ad opera di Luigi Guido, molto probabilmente ad oggi il maggior esperto in questo campo, dal titolo “Il Marzocco e i difetti costanti”. Il volume è stato stampato con una prima tiratura di 100 esemplari numerati, a cura dello stesso autore. Il volume è composto da una prima e relativamente breve di introduzione sulle tecniche di stampa dell’epoca, sulla carta, andando poi diritto al cuore dell’argomento in una ampissima sezione di descrizione tecnica delle varietà.

Figura 17 − Estratto di pagina della copia in possesso dell’autore della Collezione, la numero 033

Nell’ambiente ci si è chiesti molto spesso se ci fosse bisogno di una ulteriore pubblicazione sul tema delle varietà dei Marzocchi dopo l’uscita del volume di CM, ovvero il manuale di LG fornisce tante informazioni in più rispetto a quanto fatto dal lavoro di CM, da meritare una nuova pubblicazione? La risposta, dal mio punto di vista è decisamente affermativa.

Il lavoro di LG fa un passo in avanti deciso nel censimento e nella descrizione delle varietà. Il numero delle varietà riscontrate e catalogate risulta inferiore rispetto al lavoro precedente, che in questo caso sono 205, ma allo stesso tempo aumenta decisamente il livello qualitativo con cui le stesse sono descritte. Circa la metà delle varietà discusse sono mostrate nella loro evoluzione temporale e quindi in due o più stadi. Tra una tiratura e l’altra, infatti, è capitato che gli stereotipi subissero deformazioni ulteriori rispetto a quelle con cui erano stati fabbricati o quantomeno con cui si sono presentati per la prima volta sotto forma della loro impronta, ovvero i francobolli. Ulteriori deformazioni che sono risultate visibili in francobolli successivi e che hanno quindi permesso a LG di essere riconosciute come non apparse fin dall’origine. Anche LG ha riportato l’indicazione del valore e dell’emissione in cui una data varietà è stata riscontrata, assieme ad un indice di rarità, che in questo caso è espresso su solo tre scale.

Le particolarità, i cosiddetti difetti, di ogni stereotipo principale sono catalogate da LG come primarie, ovvero presenti fin dal suo esordio in stampa e secondarie, ovvero intervenute successivamente.

Anche LG attribuisce un codice ad ogni varietà descritta. In questo caso la logica seguita per denominazione è relativamente semplice ed immediata. LG divide il cliché principale in otto sezioni, in modo simile a quanto fatto in questo post, ovvero i quattro Ornati, le tre diciture e la figura centrale dove è rappresentato il leone. Alle sezioni è attribuita una lettera dell’alfabeto dalla A alla H, a partire dall’Ornato in angolo 1 (A), ovvero in basso a sinistra, salendo alla Dicitura 1 verticale (B) per poi passare all’Ornato 2 (C), Dicitura 2 in alto (D), Ornato 3 (E), Dicitura 3 verticale a sinistra (F), Ornato 4 (G) ed infine la zona centrale (H). Nel completare il codice, alla lettera è affiancato un numero progressivo a partire da 1. Il codice identifica la varietà in base alla sezione nel quale si trova la caratteristica principale. A differenza di quanto fatto sopra in questo post, la cornice esterna è considerata parte di ognuna delle otto sezioni del cliché, ovviamente in modo limitato alla zona di competenza e non un elemento grafico a sé stante.

Infine, da menzionare che tutto il manuale di LG è scritto in doppia lingua italiano ed inglese.

Personalmente posseggo sia una copia del manuale di Calcagno-Morani che di quello di Luigi Guido. Non poteva essere altrimenti volendo approfondire quanto più possibile l’argomento delle varietà e desiderando ampliarlo per mio conto. In particolare, del manuale di Luigi Guido posseggo la copia numero 33 (Figura 8), con dedica autografa da parte dell’autore, per il quale nutro a mia volta simpatia ed una stima particolare (Figura 9).

Figura 18 − Dedica da parte di Lugi Guido all’autore della Collezione presentata in questo blog


Nei prossimi post

Nei post che seguiranno verranno presentate alcune varietà dei francobolli granducali di Toscana, prendendo spunto da alcuni dei pezzi della Collezione. Il punto di vista sarà quindi quello delle possibili forme in cui si possono trovare questi francobolli. Si vedrà come alcuni pezzi danno lo spunto per descrivere più di una varietà, perché essendo multipli ne contengono più di una, oppure perché presentano margini molto ampi, tanto da lasciar intravedere uno o più degli esemplari vicini, dei quali sono visibili le caratteristiche tipiche di una ulteriore varietà. Vedremo come, partendo da un pezzo, seguendo il filo conduttore delle varietà potremmo passare alla descrizione di altri pezzi e così via in un discorso unico che attraversa vari post.

Talvolta ci soffermeremo sulla descrizione di un pezzo e ne descriveremo le caratteristiche generali, magari uscendo per un momento dal tema principale delle varietà per trattarne un altro, troppo breve per dedicargli un post a sé stante.

Da notare che comunque i post sono “viventi” e quindi tutto ciò che viene postato è da ritenersi nient’altro che una bozza di quello che sarà il lavoro finale a cui tende e a cui condurrà il blog.



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